giovedì 17 marzo 2011
E venne l'anno del nerd
Che i nerd si siano davvero presi una rivincita? A parte la citazione d’obbligo di un film di culto del 1984, “La rivincita dei nerds” di Jeff Kanew, pensiamoci un attimo: nerd totali come Mark Zuckerberg oggi siedono su un patrimonio di centinaia di milioni di dollari e vengono celebrati in film come The Social Network di David Fincher. Steve Jobs è una delle personalità più influenti del nostro tempo e nel club dei nerd di successo troviamo anche la sua nemesi storica, Bill Gates. Per non parlare poi del fatto che, in anni così tecnologicamente avanzati come quelli odierni, competenze come quelle dei nerd assumono una rilevanza del tutto nuova rispetto a quando la tecnologia e i computer erano solo una faccenda per smanettoni con occhiali dalla montatura grande, un po’ asociali e fissati con la fantascienza, i videogame, i giochi di ruolo e i fumetti. Non siamo certamente arrivati alla trasvalutazione del valore nerd – il linguaggio qui aiuta: in italiano si potrebbe rendere come “sfigato”, “secchione”, o più precisamente come una combinazione di entrambi – ma di sicuro siamo ben lontani dal periodo in cui l’immagine canonica del nerd era quella di un ragazzo col viso tempestato di acne con scarsissimo (diciamo, nessuno) interesse per lo sport e sistematicamente preso in giro da maschi-alpha biondi e grossi che fanno parte della squadra di football della scuola e fanno coppia con le cheerleader. O meglio, lo stereotipo in parte vale ancora, ma oggi quella del nerd è una categoria fortemente rivalutata, attualissima, che trova nuova linfa addirittura nel mondo della moda e che viene valorizzata nella cultura pop attraverso sit-com (su tutte: Big Bang Theory) e musica. Per dire, è appena uscito anche un libro che ne racconta storia, genealogia e caratteristiche. Si intitola “Storia naturale del nerd” (Isbn edizioni) ed è scritto da Benjamin Nugent, giornalista musicale con un passato da nerd (che racconta con distanza critica ma anche con molto affetto). Nugent prova a fissarne le caratteristiche generali, in un libro estremamente documentato e convincente. Ad esempio spiega che si tratta di “individui che esprimono il loro intellettualismo in modo meccanico, e la cui inettitudine sociale ha qualcosa di altrettanto meccanico”, che parlano una lingua standard priva di connotazioni gergali, che amano la tecnologia molto più di quanto non la amino le persone normali, “che tendono a evitare lo scontro e il coinvolgimento sul piano fisico ed emotivo”. Genio e “regolatezza”, insomma. Di più: ragazzi e ragazze che vestono abiti fuori moda e si curano poco del proprio aspetto, che si immergono totalmente in mondi virtuali come quelli di Dungeons & Dragons o dei fumetti di supereroi o di Star Wars, che si contrappongono – consapevolmente o meno – all’ideale di successo americano rappresentato dalla figura del “jock” (i ragazzi che eccellono nelle attività sportive). L’autore prova addirittura a mettere in relazione queste caratteristiche con quelle di una forma di autismo, la sindrome di Asperger. A lungo presi in giro, guardati con sospetto ed emarginati, i nerd però, come detto, si stanno prendendo rivincite insperate. E non solo per il loro dominio incontrastato nel mondo della tecnologica. Ad esempio c’è stata una rivendicazione dei suoi aspetti esteriori nel mondo della moda – il trionfo degli occhiali-da-nerd spesso senza le lenti graduate o il ritorno in auge del cardigan sono solo alcuni dei segni di questo trend, legato in vario modo (come sottolinea anche Nugent) all’affermarsi della sottocultura hispter. Ovvero, quella di ragazzi “hip” che in sembrano quasi voler dire: “sono talmente “figo” da non aver bisogno di dimostrarlo e quindi porto i segni esteriori di chi non lo è”, anche se poi, una volta che quei segni sono diventati di moda sono diventati anche segni dell’essere “fighi” e quindi dal meccanismo della coolness comunque non se ne esce. C’è poi una sit-com americana di enorme successo, Big Bang Theory, che rappresenta probabilmente la codificazione definitiva della quintessenza dell’essere nerd. Un personaggio in particolare, Sheldon Cooper, sembra riassumerne i connotati in modo preciso e fortemente esasperato. È un fisico teorico. È appassionato di fumetti di supereroi americani, di tecnologia e di fantascienza (Star Trek, ad esempio). È pieno di fobie tic e manie. Detesta profondamente il contatto fisico e la prospettiva di fare sesso lo atterrisce. È saccente e sentenzioso in un modo che esaspera, sfianca letteralmente i suoi amici. Non riesce a mettersi in contatto emotivo con le persone che lo circondano, e in definitiva nemmeno gli interessa (quando si sforza di rincuorare qualcuno, perché così le convenzioni sociali imporrebbero, dà due pacche formalissime sulle spalle dicendo “su, su”). Conosce e sa praticamente tutto ma entra in crisi quando si parla di argomenti “leggeri” che non ha mai sfiorato (Radiohead? Britney Spears?). Eppure è uno dei personaggi più amati delle sit-com americane degli ultimi anni. Un po’ come lo era Steve Urkel di Otto sotto un tetto. Segno dei tempi, nella cultura pop i nerd oggi sono pure personaggi simpatici. Andrea Tramonte, Unione Sarda
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