domenica 13 giugno 2010

Intervista ai Tre allegri ragazzi morti

Magari non si tratta del London Calling personale dei Tre allegri ragazzi morti, però è vero che la svolta reggae della band di Pordenone – 16 anni sulle scene, ormai una delle band più amate della musica indipendente italiana – ha colpito molto. Se non altro perché la band di Davide Toffolo (voce e chitarra), Enrico Molteni (basso), Luca Masseroni (batteria) ha sempre legato la sua identità a un punk pop che nel corso degli anni ha subito poche scosse di assestamento, all'insegna di un percorso improntato alla continuità e alla coerenza. “Storicamente siamo sempre stati considerati un gruppo punk, per l'attitudine un po' naif, per le canzoni suonate con chitarra elettrica e suoni distorti”, racconta Molteni. “Le nostre canzoni erano principalmente un modo per far arrivare delle idee. Ma ci siamo accorti che in realtà il reggae è molto vicino al punk e entrambi i generi si sono influenzati a vicenda, come a Londra alla fine dei Settanta, dai Clash in giù”. Primitivi del futuro è uscito quest'anno per La Tempesta – etichetta gestita dagli stessi allegri ragazzi morti, una label che ha in catalogo gente come Il teatro degli orrori, Le luci della centrale elettrica, Moltheni, Giorgio Canali – ed è stato presentato per la prima volta in Sardegna a Sassari in occasione dell'inaugurazione del festival Abbabula organizzato da Le ragazze terribili. Il disco è quello che ci si può aspettare dall'incontro tra l'attitudine melodica e il cantautorato poetico della band e ritmi in levare e suoni dub (prodotti, non a caso, da Paolo Baldini degli Africa Unite). Un disco dove l'immaginario adolescenziale della band sposa anche uno sguardo più amaro sul mondo occidentale contemporaneo, in cui una generazione indolente non riesce a scuotersi dall'inedia e prendere in mano il proprio futuro. Come avviene ne “L'ultima rivolta nel quartiere Villanova non ha fatto feriti”, dove Toffolo canta versi come “Prendi a calci il tuo padrone, non lo fai. Parla dei tuoi desideri, non lo fai. Rimetti in moto la ragione, non lo fai”. “Villanova è un quartiere di Pordenone dove è cresciuto Davide”, racconta Molteni, “e nel brano si elencano tutte le cose che una persona immagina di fare nei momenti in cui decide di cambiare la sua vita, e non lo fa. La rivolta non avviene e quindi non fa feriti, però tutto intorno rimane brutto. È un inno mascherato all'agire”. Non a caso ci sono parole che cercano di scuotere l'ascoltatore: “è una vita danneggiata la vita che facciamo ora, e non è il destino, sei tu il tuo nemico”. Il titolo del disco è un omaggio alla band di Robert Crumb, uno dei più grandi fumettisti underground americani (ricordiamo che Toffolo è anche un raffinato autore di graphic novel) e rivela un legame con il pensiero del filosofo anarchico John Zerzam. “L'album non è un concept ma ci siamo accorti che alcune tematiche ricorrono”, spiega Molteni. “Ci ha influenza molto un libro di Zerzan, Primitivo attuale. O un film come Avatar. Diciamo che quello che nel nostro disco emerge è che un po' di correttezza verso il nostro contesto naturale ci consentirebbe di vivere più serenamente”. (at, 13/05/2010, Unione Sarda)

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