(Questo articolo è la terza parte di una mia inchiesta a puntate su Facebook pubblicata nei giorni scorsi sull'Unione Sarda. Il primo articolo conteneva una intervista a Massimo Mantellini ed era focalizzato sulle dinamiche generali del social network, il secondo era un pezzo di colore con notizie curiose e fatti di cronaca. Questo articolo invece affronta il tema del rapporto tra social network e comunicazione politica)
Il giorno dopo le elezioni regionali di marzo, Silvio Berlusconi ha fatto il suo debutto ufficiale su Facebook per mandare un messaggio agli elettori e annunciare l'avvio della “stagione delle riforme”. «Facebook – ha scritto il Cavaliere - è una nuova occasione per conoscersi, è una piazza virtuale dove è possibile presentare e difendere le proprie idee e soprattutto qua si accende il confronto politico». E insomma, essendo quella la prima volta del Presidente del Consiglio su Facebook la notizia ha avuto un certo impatto. Anzi, secondo quanto è stato rivelato dai giornali il giorno dopo, l'intenzione di Berlusconi e del suo staff sarebbe quella di continuare a dialogare direttamente con il “popolo di Facebook” anche in futuro, provando a usare quello che ormai è definito il “metodo Obama” per il rapporto tra leader e utenti sul web. Un segno dei tempi. Da un po' ormai anche in Italia si assiste al tentativo di proporre approcci un po' più strutturati alla presenza della classe politica su Facebook e sui social network in generale, intesi come strumenti di comunicazione e mobilitazione dell'elettorato. Naturalmente, questi strumenti sono tanto più efficaci quanto più si capiranno in modo profondo le modalità di stare in rete e di sfruttare le caratteristiche del cosiddetto web 2.0. “Anche se internet è uno strumento neutro, tuttavia impone determinate regole”, spiega Donatella Campus, professore associato di Scienza Politica all'università di Bologna e studiosa di comunicazione politica. “Il tipo di leadership che funziona bene su internet è quello che enfatizza la dimensione partecipativa e interattiva dell'elettorato. È il tipico messaggio di internet. Consente una evoluzione del rapporto leader-seguace in un rapporto paritario”. Per esempio, avere cura di una pagina su Facebook dovrebbe essere una occasione per dialogare con gli elettori, in modo costante e quasi in tempo reale. Per recepire contributi di idee, raccogliere umori degli elettori, dare il senso di un dialogo vero. Cosa che già viene fatta da molti uomini politici, a livello locale come a livello nazionale, con riflessioni veloci, condivisioni di link e di video, e un tentativo di allargare il bacino dei propri utenti/elettori con lo strumento delle “amicizie”. Secondo alcuni, tanto più si possono ottenere buoni risultati quanto più si viene percepiti come “persona”, usando lo strumento in modo amichevole e informale. Ma a livello generale c'è soprattutto un'altra ragione per cui rete, Facebook e social network possono rivelarsi fondamentali. “Trasforma utenti in attivisti. Si tratta di attivisti diversi da quelli tradizionali, che erano iscritti al partito e facevano vita di partito, nella sede e con un contatto diretto coi dirigenti. L'attivista sul web è una persona che si avvicina alla politica per la prima volta. Simpatizzante, magari in modo blando, che poi decide di dare il suo contributo”. Gli esempi più clamorosi sono forniti da Barak Obama e Ségolène Royal. Entrambi grazie alla rete sono riusciti a mobilitare elettori nuovi che sono riusciti a dare corpo alle loro candidature, creando le condizioni stesse della loro parabola politica. “La Royal sul web è riuscita a mobilitare elettori che poi hanno deciso di iscriversi al partito per partecipare alle primarie”, spiega Campus. “Obama attraverso la rete è anche riuscito a raccogliere i fondi che gli hanno consentito di avere le chance per portare avanti la sua candidatura alle primarie”. Insomma: la rete e il modo di usare Facebook e i social network possono anche portare al compimento di parabole politiche più “outsider”. Circostanza che in Italia pare non possibile, almeno non ora, a causa di “un certo controllo dell'establishment sul processo di selezioni dei leader”. Tuttavia non bisogna coltivare l'illusione che la politica 2.0 e stare su Facebook possano fare miracoli per le carriere politiche: “sono strumenti importanti e lo saranno ancora più in futuro”, spiega la Campus, “ma la campagna elettorale si vince altrove. Obama è andato in televisione, ha realizzato degli spot. I media tradizionali pesano, il web per ora è uno strumento integrativo”. Andrea Tramonte, Unione Sarda
martedì 11 maggio 2010
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