lunedì 24 maggio 2010

O2S

Da un paio di mesi sto lavorando a un nuovo progetto, On Two Sides – o anche On2Sides, o O2S – una (tape) label messa su insieme a tre amici (Simone Deiana e Federico Orrù e Nicola Massa) con la collaborazione di un mucchio di persone, amici artisti fotografi grafici musicisti. È una cosa che stiamo costruendo, a piccoli passi, con grande entusiasmo. Per spiegare il motivo per cui abbiamo deciso di buttarci in una simile avventura potrei prendere in prestito le parole scritte per la presentazione di un collettivo bolognese, il We Were Never Being Boring Collective. Le faccio anche mie perché sono, al fondo di tutto, il vero motivo per cui si può mettere su una cosa del genere: “Vogliamo che la musica per noi non diventi mai qualcosa di noioso. Vorrebbe dire che lo siamo anche noi. Perché la musica non muore con gli mp3 o il copyright: è con la noia che se ne va, con l'abitudine”.

La prima uscita è in arrivo: una compilation interamente dedicata alla musica elettronica (diciamo, elettronica “non dance”) prodotta da queste parti, Cagliari e provincia. 19 pezzi divisi in due lati, di cui potete leggere la prima recensione sul sito di Enrico Veronese (giornalista Blow Up), con streaming in anteprima di sei brani: Neeva, Arrogalla, Menion, Everybody Tesla, Plastik Kettle, CA Parade. La presentazione ufficiale della release sarà fatta tra il 23 e il 26 giugno al Seaside Vibe, festival internazionale organizzato da Basstation. I dettagli nei prossimi giorni.
Intanto però vorrei divagare un po' sul senso della label.
Nel momento in cui la musica circola in rete e si ascolta dentro un iPod, il modo in cui un disco è pubblicato rischia quasi di essere irrilevante. Allora ci sono alcune strade drastiche ugualmente praticabili (in mezzo a mille altre meno drastiche). Ad esempio non pubblicare più dischi e far circolare la musica solo in rete. Oppure scegliere di pubblicare la musica puntando sul formato che si preferisce, provando ad attribuire nuovamente valore e significato anche al supporto. Anche la cassetta. La cassetta consente di fare dei piccoli esperimenti con colori, formati, materiali, e dato che On Two Sides è un progetto che nasce per stare a cavallo tra discografia, grafica e design, e ha voglia di sperimentare anche su un mucchio di altre cose (comunicazione in senso molto ampio), allora pensiamo che la cassetta sia il formato migliore per farlo.
Ma non vorrei nemmeno che si pensasse che per noi la cassetta è un feticcio. È uno strumento di veicolo della musica e di mille altre idee. È un formato cheap che consente una grande libertà di movimento. Con la cassetta – e con le tirature limitate – siamo in grado di pubblicare piccoli esperimenti, side project, collaborazioni, recuperare dischi mai usciti e “provare” nuove band. Tra i due poli dell'esperimento e del documento – e in mezzo tutto il resto. Confezionando tutto quanto in modo interessante.

Ma la ragione più profonda probabilmente sta nelle parole di Mark Hogan di Pitchfork, che non a caso abbiamo già riportato anche sul blog di O2S. Le copioincollo qui sotto:
"Tapes never fell completely out of favor among experimental and noise musicians, but their broader underground resurgence appears to reflect a confluence of cultural trends. Instant access to almost any recording has left some of us over-stimulated, endlessly consuming without really digesting what we hear. Many children of the 1980s first owned their music on cassette, so for them the format represents a nostalgia for simpler times; younger kids probably never owned cassettes in the first place, so for them tapes don't have any negative associations. The spread of Internet-enabled smart phones and 24/7 social networking has made work and pleasure increasingly intertwined in our digital existences. Like records, cassettes offer listeners a tangible experience at a time when our jobs, our social lives, and our popular culture are becoming more and more ephemeral".

Nessun commento: