sabato 10 settembre 2011

«Prima ero cinico, ora Chiedo scusa». Intervista a Francesco Abate

Il tour di “Chiedo scusa” è stato una specie di viaggio on the road un po' scalcinato a bordo di un' Alfa Alfasud, in cinque in macchina per andare a presentare il libro – 125 date nell'arco di un anno, una novantina solo in Sardegna – e raggiungere le location dove incontrare il pubblico. Uno, Francesco Abate, è l'autore del romanzo (insieme a Saverio Mastrofranco alias Valerio Mastandrea) uscito l'anno scorso per Einaudi. I compagni di viaggio sono stati Marco Noce, Giacomo Casti, Matteo Sau, gli artisti che hanno dato voce e chitarra alle presentazioni. Senza dimenticare ovviamente Romina Congera, la proprietaria dell'Alfa.
«Ci sono state scene molto divertenti - racconta lo scrittore cagliaritano - una volta siamo entrati e usciti dentro la Ztl di Firenze e ci siamo beccati sei multe nel corso di pochi minuti. E poi cose come dimenticarsi uno di noi in aeroporto, le valige in albergo...». La tournée si è chiusa in Sardegna domenica e continuerà per sole tre date in Italia. Poi basta, silenzio per un po'. Anche perché le avventure vissute durante i viaggi sono state anche un modo per alleggerire i contenuti degli incontri e le esperienze terribili raccontate nel libro. Il romanzo racconta una storia di malattia e di ritorno alla vita. Del trapianto di fegato subito dall'autore, del rischio di morire e poi della resurrezione finale. Ed è anche la storia di tutte quelle persone che si sono identificate in Walter, il protagonista del libro, perché hanno vissuto anche loro delle esperienze simili: «Il tour era una testimonianza a favore della donazione degli organi e un modo per dare voce ai trapiantati che ho conosciuto nel corso degli anni».

Una testimonianza in difesa anche del diritto di tutti alla sanità pubblica.
Per 125 volte abbiamo raccontato che se Walter fosse nato in un altro paese si sarebbe dovuto indebitare o morire. Paghiamo le tasse perché così si dà a tutti la possibilità di avere delle cure. Da questo punto di vista il nostro sistema è eccezionale. Nel momento in cui occorre tagliare, a causa della crisi, non si devono toccare salute e istruzione. La salute deve essere un diritto per tutti, che si tratti di uno scrittore o di un operaio.
Dopo 125 presentazioni c'è stato il rischio di assuefazione alla storia, anche se dolorosa, che ha raccontato? Quello di oggettivarla troppo, di non vivere più quelle emozioni che provava le prime volte?
Il tour si interrompe perché non volevo correre questo rischio. Fino a oggi non è mai successo perché la storia è sempre viva. La mia vita si svolge dentro l'ospedale. In febbraio sono stato operato di nuovo e poi vado a trovare gli amici che sono nellamia stessa situazione, li vedo soffrire. Quando racconto la mia storia racconto anche la loro. Durante le presentazioni poi raccogli anche le emozioni di chi hai davanti. Prima di iniziare parlo con le persone e ascolto le loro storie, storie di trapiantati, di malati, di persone defunte. Adesso però sentivo il bisogno di fermarmi.
Una delle caratteristiche dei suoi romanzi era il cinismo come lente per guardare il mondo. In questo libro si è un po' attenuato. Crede che l'esperienza che ha vissuto possa rappresentare uno spartiacque nella sua scrittura?
Credo di sì. Nei miei confronti sono sempre stato molto duro e non posso non esserlo anche nei confronti di tutto. Ma prima era un cinismo senza via d'uscita, votato alla negatività. Ora quel cinismo vede la via di fuga. Perché lo dice la mia storia, quella di un uomo a cui non avevano dato molto da vivere, ma che ora è vivo. Non nego però che ora ho un po' di paura di scrivere il prossimo libro. So che quello che verrà dopo dovrà fare i conti con Chiedo scusa. E non sono sicuro di riuscire a scrivere un altro libro come questo.
Ecco, il prossimo libro?
Quando ho annunciato la fine del tour molti lettori mi hanno detto: ah, ora finalmente ti riposi. E invece no, mi farò il mazzo di nuovo. Ho una storia per le mani, anche questa ispirata a fatti accaduti, ma per scaramanzia non voglio parlarne . Posso dire che si tratta di una storia bella intensa, piena di umanità.
Il romanzo contiene anche momenti di alleggerimento che nel tour sono diventati dei tormentoni. Come la storia dell'infermiera sexy di cui si invaghisce Walter da ragazzino. In genere si tratta di scampoli di cagliaritanità verace raccontati con ironia profonda.
Sono il primo Abate di generazione sarda. Quando finii la scuola mio pade mi chiese se volessi raggiungere i parenti a Roma. Ho deciso di rimanere a Cagliari perché ho un orgoglio di cagliaritanità quasi spasmodico. Uno dei miei obbiettivi come scrittore è quello di riuscire a portare fuori la nostra ironia e la nostra lingua. Ma, del resto, prima di me lo aveva fatto Sergio Atzeni. (uscito su Sardegna 24)

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