domenica 22 agosto 2010

Intervista ai Giardini di Mirò

“Pubblichiamo un disco solo quando realmente crediamo sia arrivata la nostra era geologica, un momento che segni davvero una diversità. Non siamo musicisti di mestiere e siamo fuori dalle dinamiche discografiche”. Se c'è davvero un aspetto dei Giardini di Mirò che vale la pena sottolineare è proprio quello che si deduce dalle parole di Corrado Nuccini, voce e chitarra della band che sarà in concerto venerdì prossimo a Villa Siotto a Sarroch nell'ambito del Sarroch Summer Groove organizzato da Vox Day. Un'attitudine musicale che li ha condotti a conservare inquietudine artistica e capacità di reinventarsi – ma senza forzature – in quasi quindici anni di carriera e in mezzo a quattro dischi ufficiali, numerosi ep, collaborazioni e uscite laterali. Nati nel 1995 a Cavriago, un centro di undicimila anime dell'Emilia Romagna che ha dato i natali anche agli Offlaga Disco Pax (e a Orietta Berti) e dove si vociferava che Lenin fosse sindaco onorario del paese, i Giardini di Mirò sono stati fin dai tempi del loro primo ep autoprodotto (datato 1998) uno dei nomi più originali nell'ambito della ricezione delle sonorità post rock in Italia, divenendone in breve tempo gli interpreti più importanti ma senza rimanere prigionieri di quelli che poi sono diventati gli stilemi del genere. Ad esempio, nel 2007 hanno pubblicato un disco, Dividing Opinions, che riusciva a incanalare il loro stile in un approccio più quadrato, legato alla forma canzone e all'uso della voce, inglobando anche elementi diindietronica e shoegaze che nel frattempo avevamo cominciato a frequentare e a meditare all'interno del loro suono. Un disco importante che sembrava averne segnato il percorso in modo più definito. E invece nel 2009 è uscito Il fuoco (Unhip Records), che ha segnato il ritorno della band ai lunghi strumentali degli esordi, ma con un suono più asciutto, equilibrato, dominato da un senso della misura e del rigore stilistico quasi estremo. L'album in realtà nemmeno doveva essere un album. Si trattava della sonorizzazione, commissionatagli dal Museo Nazionale del Cinema di Torino, di un film muto del 1915, Il Fuoco di Giovanni Pastrone. “Da un'esperienza che doveva essere legata a un unico concerto alla fine ci siamo resi conto che quello era a tutti gli effetti il nostro nuovo disco”, spiega Nuccini. “La creatività può avere molte scintille iniziali. Alle volte avere un canovaccio non è un limite ma può essere una mappa all'interno della quale muoversi e sviluppare delle cose che hanno una loro originalità”. L'approccio della band al lavoro è stato quello di dialogare con le immagini senza però snaturarsi. “Abbiamo pensato che se avessimo provato a fare un vestito che fosse calzante per il film, avremmo perso la sfida in partenza. Abbiamo deciso di usare un vestito che fosse quello nostro, magari con il rischio di momenti di minore sintonia o filologia con la pellicola, ma che almeno producesse un risultato personale. E al di là di cantare o non cantare, con questo disco siamo tornati a una forma più notturna, cupa e scarnificata che rappresenta bene la nostra anima melodrammatica”. Al Sarroch Summer Groove la band proporrà lo spettacolo legato a Il fuoco, con la proiezione del film e relativa sonorizzazione (in apertura di serata suoneranno i sassaresi De Grinpipol). Negli ultimi concerti la band ha iniziato a proporre alcuni brani nuovi che dovrebbero andare a far parte del quinto disco della band. “Di sicuro non suonerà molto ottimista o allegro”, spiega Nuccini. “I nostri dischi hanno un'anima in un certo modo sociale e portano avanti le nostre percezioni della realtà che ci sta intorno. Una realtà che si sta smagliando, sia sul piano politico che sociale. La mia esperienza di musicista 36enne non mi porta a vedere il mondo con ottimismo. Esiste però la volontà di continuare a fare la nostra parte, ed è ogni giorno più forte”.

Di recente è uscita in rete una compilation, Altri giardini, che contiene alcuni brani della discografia della band reinterpretati da altrettanti artisti già noti (His Clancyness, Banjo or Freakout, Comaneci, Bob Corn, Stefano Pilia) e altri meno noti della scena musicale italiana. “Questo disco è nato un po' per gioco, come mezzo scherzo”, racconta Corrado Nuccini. “Dico mezzo perché poi alla fine il risultato è stato molto buono e ha coinvolto realtà degne di nota che rappresentano il meglio della scena musicale attuale. Ci troviamo sempre in difficoltà a rispondere alla domanda su come sia la scena musicale italiana. In fondo però questa compilation è già una risposta”. Una delle caratteristiche della compilation che testimoniano un po' il ruolo di punto di riferimento musicale dei Giardini è che attraverso il loro sito hanno chiesto espressamente che band senza contratto, giovani, si cimentassero nella realizzazione di una loro cover, in modo da inserire le migliori all'interno della compilation. E la risposta è stata molto positiva. “Sono arrivate più di trenta cover, attraverso la rete, con un messaggio su Facebook o su Twitter”, prosegue Nuccini. “È stato sorprendente vedere una risposta del genere. E alla fine ci sono quattro o cinque brani che ci sono arrivati così, da band che hanno voluto partecipare e ci hanno regalato una cover inviandocela attraverso i canali del web”. (Andrea Tramonte, Unione Sarda)

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