martedì 29 dicembre 2009

"L'uomo? Un intruso nella natura". Intervista a Erri De Luca


“Improvviso sempre. E quando c'è un tema preferisco andare fuori tema”. Interrogato a proposito dell'incontro di stasera previsto nell'ambito di “Urgenze. Una Marina di voci – Piccolo F(i)estival di fine anno di storie e musiche” organizzato da Chourmo, Erri De Luca liquida la domanda in modo un po' laconico, senza dare nessuna coordinata precisa. Del resto è così: anche quando si parla dei suoi libri, anche quando si prova ad approfondire tematiche, luoghi e riferimenti che si sviluppano nella sua letteratura, le risposte sono sempre asciutte, secche. Scabre come la sua scrittura. De Luca non dice mai una parola in più, e quel poco che dice è sempre pronunciato con precisione e nettezza. Stasera alle 18:30 al Caffè Savoia lo scrittore napoletano, 60 anni il prossimo maggio, presenterà al pubblico cagliaritano il suo nuovo libro, Il peso della farfalla, uscito da poco per Feltrinelli. Un libriccino, in definitiva: piccolo per numero di pagine, una settantina appena, ma assai denso di contenuto. Un libro di solitudini che si muovono parallele fino a incrociarsi e scontrarsi, nel mezzo degli scenari – profondamente conosciuti e amati dallo scrittore – di una montagna descritta poco prima che arrivi l'inverno rigido. “La montagna nasconde, ha vicoli, soffitte, sotterranei, come la città dei suoi anni più violenti, ma più segreti”, scrive De Luca. Nel libro ci sono due figure che si muovono verso lo stesso punto, verso una resa dei conti finale che vuole essere risolutiva. Si tratta di un camoscio, “re dei camosci”, “maschio dominante di un branco” che sente che la sua vita sta per finire, e di un uomo, un cacciatore, un bracconiere, anche lui meglio noto come “re dei camosci” per via di quanti ne ha ucciso nel corso della sua vita. Come la madre del camoscio, quando questo era solo un cucciolo. I due sono attratti – grazie a un qualche istinto che li lega a doppio filo - verso quello che sarà lo scontro finale: uomo e natura, bracconiere e animale – e già in questa seconda antitesi si percepisce l'enfasi negativa posta sul primo. “Anche vivendoci, anche scegliendo di abitare in un posto difficile come l'alta montagna l'uomo è sempre un intruso che ha nei confronti della natura un atteggiamento predatorio”, ci ha spiegato De Luca, da sempre amante e conoscitore della montagna. “Anche io sono partito come un intruso, ma non prelevo niente. Non ci sono nato o cresciuto. La frequento da passante, da uno che la sfiora, e che toglie il disturbo subito dopo. Ma quando sono in montagna sento subito il sentimento di appartenere ad una specie intrusa, non autorizzata a stare lì”. De Luca ha sempre dichiarato di non inventare mai le storie e i personaggi che racconta, ma di raccontare sempre ciò che ha conosciuto o anche solo ascoltato. Lo stesso vale per Il peso della farfalla. “Sono un praticante di montagna. Ho conosciuto cacciatori, bracconieri e bestie e ho raccontato una storia delle tante che ho sentito, delle conoscenze che ho incontrato. Risento molto dei racconti che fanno le persone di montagna”. Se si prova a chiedere a De Luca l'origine e la motivazione profonda della sua passione, dice: “le passioni non si possono spiegare. Mi trovo bene lì. Mettere il mio corpo su una parete e stare nella migliore solitudine possibile. La solitudine è un istinto. Una deriva incorporata. Nel mio caso si combina al fatto che io ho dimestichezza con il vuoto. Non lo sento come uno stile, ma mi tiene compagnia”. Quest'anno lo scrittore napoletano ha pubblicato anche un altro libro, sempre per Feltrinelli, Il giorno prima della felicità: “è il romanzo di una città che in piena guerra insorge contro l'occupazione tedesca. Napoli ha una immensa capacità di sopportazione e anche di insubordinazione totale. A differenza di quello che è successo nella resistenza italiana, che è stata storia di minoranze armate, a Napoli è insorta la maggioranza schiacciante della popolazione.” (Andrea Tramonte, Unione Sarda 29/12/2009)

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