venerdì 20 novembre 2009

Politica pop

Alcune istantanee. L’ex deputato di Rifondazione Comunista Vladimir Luxuria esce vincitore dal reality l’Isola dei famosi. Di Pietro, Mastella, Schifani e La Russa si prendono a torte in faccia durante un programma del Bagaglino. Piero Fassino incontra la sua vecchia tata in un programma di Maria De Filippi. L’ex presidente della Camera Irene Pivetti inizia a condurre un programma sulla chirurgia estetica su Italia 1, con un look vagamente sadomaso – lei che fu una leghista austera dalla carriera politica fulminante. Da quando la politica ha iniziato a farsi soprattutto in televisione è successo qualcosa che ai tempi delle lunghe, interminabili telecronache dei convegni della DC e del PCI o delle vecchie tribune politiche in Rai, non ci si sarebbe mai aspettati: la politica è diventata uno spettacolo. Un genere di intrattenimento, capace anche di essere divertente. Di fare audience. Di stimolare curiosità che prima sarebbero state impensabili, come quelle sulla vita privata degli uomini politici – che cosa è stata la storia Sarkò-Carlà se non un reality soap a tinte rosa? In pratica la politica e il racconto della politica sono diventati “pop”. Il tema circola da tempo ma solo da poco in Italia è uscito un libro che si occupa dell’argomento in maniera sistematica. Si tratta di Politica pop ed è scritto da due studiosi di comunicazione politica come Gianpietro Mazzoleni e Anna Sfardini (Il Mulino, 181 pagine, 14 euro) che si occupano del tema in modo laico, senza pregiudizi “francofortesi” o vecchie diffidenze verso la cultura di massa, ma con grande apertura e competenza. Dentro c’è tutto: dai risotti di D’Alema a Porta a porta fino alla parabola politico-mediatica di Silvio Berlusconi, passando per un’analisi completa del panorama televisivo di questi anni – Vespa Santoro Floris ma anche programmi che si occupano di politica in chiave leggera o satirica, prendendo in esame fenomeni diversi come Striscia la notizia, Le iene, il Bagaglino, Parla con me, Che tempo che fa, Le invasioni barbariche… Il panorama politico mediatico odierno, insomma. Del resto oggi la rappresentazione mediatica della politica non è più appannaggio della macchina dell’informazione e di fonti tradizionalmente considerate “nobili” come i quotidiani, ma riguarda sempre più l’industria dell’intrattenimento e dello spettacolo. Dove prevale l’“emozione” piuttosto che il ragionamento pensoso, la leggerezza piuttosto che l’idealità. Non a caso si sono diffusi neologismi come infotainment – programmi in cui l’informazione vuole essere piacevole - e politainment, nella doppia accezione di politica divertente e intrattenimento politico. I politici hanno scoperto di fare audience, ma si devono conformare alle grammatiche dello spettacolo mediale, e coloro che se ne sanno servire hanno un vantaggio competitivo non da poco (già De Gaulle affermò di aver vinto le elezioni per la sua superiorità nel servirsi della tv). “Politica pop è la trasformazione del sistema politico e della comunicazione politica verso forme di spettacolarizzazione e personalizzazione, di cui i media sono i motori, ma di cui i politici sono attori entusiasti” – e dire entusiasti sembra davvero poco. C’è chi esalta l’infotainment perché offre informazione, anche se minima, sufficiente almeno per esercitare una cittadinanza “sottile” ma vigile. Ma c’è anche il rovescio della medaglia della politica pop: in questo senso lo scontro politico sembra essere diventato una questione (anche) di “performance mediatiche” in cui gli uomini politici lottano per una corsa alla celebrità che dovrebbe generare il consenso necessario alla conquista (e al mantenimento) del potere.
(Andrea Tramonte, Unione Sarda, 19/11/09)

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